Terapia Sistemico – Relazionale

La Psicoterapia Sistemico-Relazionale nasce quasi esclusivamente come Terapia della Famiglia intorno agli anni ’40 negli Stati Uniti da ricerche parallele di psicoanalisti (Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Bowen, Whitaker ed altri) e di ricercatori e clinici di formazione sistemica (Bateson, Watzlawick, Jackson, Haley ed altri) che conducevano studi sulle interazioni tra il comportamento del paziente, soprattutto il paziente affetto da disturbi psicotici e la sua famiglia di origine.
Già nel 1949 G. Bowlby pubblicò un articolo ” The study and reduction of group tension in the family ” nel quale descriveva le interviste familiari congiunte come una modalità ausiliare per le terapie individuali più complesse di adolescenti trattati alla Tavistock Child Guidance Clinic. Contemporaneamente negli Stati Uniti, un discepolo di Adler, Rudolf Dreitrurs, del Community Child Guidance Center di Chicago, aveva sviluppato, per analoghe problematiche adolescenziali, un programma molto simile a quello della Tavistock.
Questo per sottolineare che il movimento denominato ” Terapia della Famiglia ” iniziò contemporaneamente in molti luoghi e per merito di terapeuti già affermati, ma negli Stati Uniti coincise, negli anni cinquanta, con la comparsa di nuove tendenze nel campo delle scienze umane e sociali.

Nel campo specifico del disagio mentale emerge la tendenza comune a spostare l’attenzione dai fattori intrapsichici ai fenomeni interpersonalicon l’utilizzazione di nuove unità di diagnosi e d’intervento.

Da Bateson nel 1951 viene la proposta di usare la comunicazione come un nuovo modello scientifico e si afferma la necessità di una rottura con la tradizione ed un profondo rinnovamento del linguaggio e delle categorie concettuali del nuovo paradigma. J. Haley, J. Weakland, D. Jackson, Virginia Satir e Minuchin parlano di una vera e propria rivoluzione scientifica. Terapeuti come Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Bowen, Whitaker cercano invece un ponte con la tradizione psicoanalitica recuperando il concetto di individuo.

Anche in Italia si distinguono queste due linee di tendenza: la prima fa capo alla Selvini Palazzoli che opera sulla famiglia intesa come “sistema di interazioni” abbandonando ogni interesse per l’individuo, se non in quanto membro di un sistema. L’altra, che fa capo a gruppi di ricercatori romani, (Andolfi, Cancrini, Vella) guarda alla famiglia come a un sistema aperto capace di autogestirsi ed in costante trasformazione: l’individualità e gli apetti della personalità di base dei singoli membri del sistema, compreso lo stesso terapeuta, vengono valorizzate ed utilizzate come potenziali trasformativi.

Se da una parte tali concezioni sono il risultato delle innovazioni introdotte dalla cibernetica, dall’altra è chiaro il riferimento ad autori storici, quali Ackerman, Nagy, Bowen e Whitaker, in particolare ricordiamo alcuni concetti essenziali da loro introdotti e sviluppati:

a. l’importanza del’acquisizione della consapevolezza da parte dei membri della famiglia,
b. il lavoro centrato sull’individuo piuttosto che sul sistema,
c. l’importanza del livello trigenerazionale
d. l’inseparabilità del sè dalla relazione
e. la posizione del terapeuta partecipe e definito rispetto alla propria individualità.

Bisogna comunque riconoscere che l’influenza degli scritti di Carl Whitaker, è molto più incisiva, soprattutto il suo concetto chiave, l’uso del sè del terapeuta. Si riferisce, in particolare, alla capacità di quest’ultimo di conoscere e di utilizzare sia le caratteristiche della propria personalità, che le istanze emozionali per la costruzione di un’efficace relazione terapeutica. In questa prospettiva teorica si colloca l’esperienza clinica e didattica dei docenti dell’I.Te.R. che guardano alla famiglia come un sistema attivo e non solo reattivo.
Questa concezione della famiglia aggiunge un’indubbia complessità che rende il comportamento familiare meno prevedibile anche per lo stesso terapeuta che non è più osservatore “non partecipe”, ma parte attiva ed integrante del sistema e quindi coinvolto nello stesso processo trasformativo. Nei più recenti sviluppi didattici dell’I.Te.R. il concetto di Terapia della Famiglia si è ampliato estendendo la ricerca e l’intervento clinico verso una prospettiva sistemica più ampia, dove non sempre la famiglia resta per il terapeuta il sistema più significativo di riferimento.
L’attitudine di questi ultimi anni a lavorare con strutture familiari ricomposte o monogenitoriali o con configurazioni strutturali delle più variegate ha consentito di sperimentare l’efficacia del coinvolgimento nel processo terapeutico componenti di sistemi sociali al di là della famiglia rivelatisi di fondamentale importanza nella costruzione del processo terapeutico. La Terapia Familiare è sempre più vista come psicoterapia attraverso la famiglia per affrontare oltre il disagio collettivo anche quello del singolo individuo. L’evoluzione del modello sistemico, superando l’idea esclusiva della terapia congiunta con la famiglia, permette attualmente di convocare i sottosistemi in setting distinti e soprattutto, consente di legittimare la psicoterapia sistemica individuale.

L’indirizzo didattico dell’I.Te.R. recupera dalla tradizione del paradigma sistemico la teoria di maggiore impatto innovativo:

Il concetto di contesto come unità diagnostica e terapeutica.
In tale prospettiva favorisce l’applicazione della metodologia sistemica nelle più diverse realtà sociali, includendo nel setting terapeutico quei sistemi della rete sociale del paziente in cui possono essere recuperate energie utili alla ricerca di nuovi equilibri.*

In sintesi viene favorita l’applicazione clinica del modello sistemico oltre che con la famiglia con:
1) la coppia
2) l’individuo
3) i sistemi significativi della rete sociale di appartenenza.
4) Il bambino
5) L’adolescente.

* Alcuni dei concetti sopra esposti sono riscontrabili negli scritti:

Aurilio, R., (1995), “Di famiglia in famiglia. Affetti e trasformazioni nella relazione terapeutica”, in “ Loriedo, C., Malagoli Togliatti, M., Micheli, M., (a cura di ), “Famiglia, continuità, affetti, trasformazioni. Ricerca e psicoterapia”, Franco Angeli, Milano.

Aurilio, R., (1999), “Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a transazione psicotica”, in Loriedo, C., Solfaroli Camillocci, D., Micheli, M., (a cura di) “Genitori, individui e relazioni intergenerazionali nella famiglia”, Franco Angeli, Milano.

Aurilio, R., (2006),“La psicoterapia sistemica ed i gruppi: storia e prospettive”, in Gritti, P., Di Caprio, E. L., “ Le nuove prospettive della psicoterapia sistemico-relazionale”, Armando Editore, Roma.

Aurilio, R., De Laurentis, M. G. A., Menafro, M., (2006), “Trasformarsi per trasformare: il setting come risorsa per il cambiamento nella didattica e nella clinica” in Ugazio, V., Defilippi, P. G., Schepisi, L., Solfaroli Camillocci, D., (a cura di) “Famiglie, Gruppi e Individui. Le molteplici forme della Psicoterapia sistemico – relazionale”, Franco Angeli, Milano.